Altro che esaudire i propri sogni, qui stiamo regredendo, ve lo dico sinceramente col cuore in mano. Adesso mi sembra che trovare lavoro a Berlino sia un ex sogno lontano anni luce, sembra quasi che, come è successo alcune volte nel corso della mia vita, mi basti arrivare ad un attimo dalla “gloria” per esser soddisfatta, arrivo lì, vedo uno spiraglio, sento che ce la posso fare e poi basta, fine lì.
È possibile? Sono così? Ma che schifo, dai, non ci sto.
Mi era già successo all’accademia di Belle Arti, c’era la possibilità di partire per l’Erasmus: Bilbao. La adoravo Bilbao, per il Guggenheim e per le lezioni affascinanti che seguivo con il professore di architettura.
Insomma già allora “volavo” all’estero. Ho consegnato tutti i documenti necessari e son rimasta in attesa.
Dopodichè è arrivata la risposta: positiva. Felicità, entusiasmo, allegria, festeggiamenti.
Punto.
Finito l’entusiasmo iniziale, ha preso il via una escalation di dubbi: “ma dai non posso mollare la scuola di danza proprio adesso” (era da più di un anno che volevo lasciarla, ma magicamente era diventata fondamentale per la mia vita), “ma dai non posso mollare il lavoro estivo che mi ci trovo così bene” (e allora perchè ne ho cambiati almeno 10 di questi lavoretti inutili???), “ma poi i nonni come la prenderebbero?” (quando invece loro sarebbero stati solo che contenti per me), ma poi ma poi ma poi…
Mi sono persa in un bicchier d’acqua.
Per colpa mia (solo ed esclusivamente mia) son rimasta a Perugia, con tutte le cose che avrei benissimo ritrovato dopo qualche mese, al ritorno da Bilbao. Ma niente.
Poi dopo qualche anno è risuccesso: finita l’Accademia, trovo un “progetto Leonardo” adatto a me: consegno i documenti in tempo, traduco tutto in inglese (grazie amica mia!) e rimango in attesa.
Arriva la risposta per il colloquio di partenza. Non ci vado.
Faccio cagare.
C’era una possibilità che io fossi incinta, ok, però almeno togliermi la soddisfazione del colloquio. Niente, ho pensato, se sono incinta cosa vado a fare, tanto poi mica posso partire.
Una cretina del genere sono, visto che pochi giorni dopo ho scoperto di non essere nemmeno incinta.
Quindi ora che mi hanno accettato il visto per l’Australia me la sto facendo altamente sotto. Non per quello che potrebbe succedere una volta atterrata a Sydney, ma per quello che posso combinare prima di partire. Ho paura di inventarmi un’altra scusa, di trovare un’altra cavolata che possa diventare nella mia testa un appiglio per farmela nuovamente sotto.
Ho paura di me stessa.
A fine giugno partirò per l’Australia, il biglietto di sola andata è stato acquistato, il visto è stato rilasciato. Mancano esattamente 29 giorni a quella fatidica data. Penso che terrò un martello sul comodino per darmelo forte in testa nel caso decidessi di fare qualche cavolata.
Vi terrò aggiornati.
Manuela