Ma cosa si rischia a partire? Questo è il tema del mio nuovo post che trovate qui di seguito.
Visto che siamo attorno a Ferragosto colgo l’occasione per augurare delle buone ferie a chi se le può permettere e augurare tante bellissime cose per il prossimo futuro a chi invece non si può godere questo mese estivo.
In questi giorni mi trovo in Italia, sono tornato per stare un po’ di tempo con la mia adorata famiglia durante le vacanze. Ed in questo preciso momento mi trovo in una delle panchine sul molo della mia cittá natale, luogo dove sin da piccolo venivo per ascoltare buona musica, riflettere e prendere decisioni. Mentre il tramonto sta scendendo ripenso ad alcuni discorsi fatti ieri sera con un mio caro amico e voglio condividerli con voi. Il titolo di questo post sará: “Ma cosa si rischia a partire?” e presto capirete il perché.
Il tema principale della conversazione di ieri sera riguardava la situazione in cui versa il mondo del lavoro italiano ai giorni d’oggi. Notare delle differenze in un paese è un po’ come vedere un bimbo crescere. Chi ci vive tutti i giorni non si rende conto di come sia cresciuto e cambiato come invece lo nota chi non vi vede da diverso tempo.
– Ma come è cresciuto, quasi non lo riconoscevo!
– Davvero? Noi che lo vediamo crescere poco a poco ogni giorno non ce ne rendiamo conto.
E così vale per una nazione in cui vivi, non ti rendi conto di come stia cambiando.
Trovandomi qui in vacanza, e visto che non ci capitavo da diverso tempo, ho avuto modo di rimanere colpito (negativamente) da certe situazioni. E’ difficile accettare come un paese di artisti e di geni si sia ridotto in queste condizioni. E così rimani colpito dal vedere persone che lavorano da 8 anni con un contratto rinnovato di 6 mesi in 6 mesi; altre che hanno incarichi quasi dirigenziali, ma che sono state assunte come apprendisti; sentire che gli stipendi sono rimasti uguali a quelli del 2004, ma le ore di lavoro sono sempre di più; impiegati che negli ultimi 5 anni hanno eseguito sempre la stessa identica mansione senza ricevere nessuna promozione oppure vedere tanti amici (magari con famiglia) che un lavoro non lo hanno per niente.
Ora mi trovo sulla panchina, sto guardando degli anziani al club “Amici del molo” mentre giocano a carte. Hanno dato e ricevuto quasi tutto nella vita oramai. Pensando invece ai loro figli e nipoti mi tornano in mente le tante domande che quotidianamente ricevo sul mondo del lavoro all’estero. Oltre ai quesiti su quali nazioni possano offrire più possibilità lavorative al momento o quali chance una persona con certe caratteristiche possa avere, molti di voi entrano nella sfera più personale. Mi spiegate la vostra situazione e mi chiedete se la scelta di trasferirsi all’estero possa migliorare la vostra vita o se invece possa essere troppo pericoloso partire e lasciare tutto. Il solito “Sai quello che lasci ma non sai quello che trovi” fa molto male.
Quindi unendo ciò che vedo e ciò che i miei amici mi raccontano del mondo del lavoro italiano con queste situazioni personali mi sorge una domanda quasi spontanea “Cosa c’e’ da perdere?”. In Italia oramai le persone felici della propria situazione professionale diminuiscono di giorno in giorno e, ovviamente, non tengo in considerazione coloro che dicono “non mi posso lamentare perchè anche se non mi da nessuna garanzia per il futuro o non sto facendo ciò che mi piace, al momento ho un lavoro e so che c’è chi sta peggio”. Questo non vuol dire essere felici, ma soltanto accontentarsi e far finta di esserlo.
Se avete da parte qualche risparmio organizzate un progetto (potete anche chiedere aiuto a me contattandomi alla mia pagina Facebook https://www.facebook.com/Stefano-Piergiovanni-Viviallesterocom-199650220380809/ ). Per prendere ancora più coraggio potete leggere questo mio altro post https://viviallestero.com/cambiare-vita-e-trasferirsi-all-estero/.
Non so se lo avete capito, ma non c’è più niente da perdere. Forza ragazzi!!!